La Storia di Lucia

15 luglio, Ore 18.00, Australia settentrionale: Brandon, piccolo allevatore di mucche da latte, ha appena finito di seppellire Augustine, una delle sue bestie preferite. È già il quinto animale che perde durante l’estate, intossicato dai pesticidi della vicina monocoltura di tabacco americano, che hanno inquinato i corsi d’acqua. Tra tre anni, proverà inutilmente a denunciare la multinazionale perdendo tutti i suoi risparmi, che lo costringeranno a vendere le ultime mucche e cercare lavoro in città. Ma lui non lo sa. Quando pensa al futuro, si immagina una terra con più mucche che uomini.

 

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Stesso giorno, ore 15:00, Cambogia settentrionale: Bopha, una giovane contadina analfabeta, ha appena firmato un documento tramite cui pensava di entrare a far parte di una rete di piccoli agricoltori locali, ma che sancisce in realtà il passaggio di proprietà della sua terra ad una ricca società cinese, che comincerà a coltivarci soia. Tra due anni la sua casa verrà distrutta per fare spazio a nuovi campi e Bopha finirà per le strade della capitale senza un soldo. Ma lei non lo sa. Quando pensa al futuro, si immagina tra i campi circondata di farfalle.

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Stesso giorno, ore 05:00, Argentina centrale: un contadino locale, Angel, sta andando in bici verso i suoi appezzamenti di terra. Ha appena investito tutti i suoi soldi in un pesticida molto costoso, ma, pare, altamente efficace, per il suo campo di mais, consigliatoli dal rappresentante della multinazionale americana che lo produce. Tra cinque mesi il raccolto sarà completamente morto, ucciso dalle sostanze chimiche del prodotto. Ma lui non lo sa. Quando pensa al futuro, si immagina un raccolto ricco e finalmente un po’ di pace.

Stesso giorno, ore 10:00, Mozambico centrale: a Caia la terra è così rossa da sembrare in fiamme. Gli abitanti del posto si stanno confrontando sull’avvistamento di un’antilope, alle prime luci dell’alba, mentre dalle case esce un forte profumo di piri-piri in preparazione per la festa di paese della sera. I bambini giocano e derubano le piante di mango dei loro gustosi frutti.

Lucia, una contadina di 40 anni, si gode il cielo azzurro, il suo colore preferito, mentre aspetta all’ombra di un albero di acacia che una delle sue capre gravide inizi il travaglio, circondata da anatre e galline. Poco lontano i suoi campi misti di sesamo, grano, cipolle, fagioli, banane, patate dolci e manioca, crescono lenti e rigogliosi.

Madre di quattro bambini, moglie di un maestro di scuola, vive con la famiglia e il nonno, grande conoscitore di aneddoti popolari, in una casa di paglia e terracotta. Erano gli anni ’80 quando con grande pazienza andava a scuola a piedi nel villaggio più vicino, a 4 km, imparando i nomi delle piante sul sentiero, sperando di intravedere qualche zebra o antilope, ma augurandosi nel profondo di non imbattersi in uno sciacallo. Di quel periodo ricorda molto bene la terra rossa, le rarissime piogge attese come fosse oro dal cielo e le storie del nonno. Le piacevano tutte le materie, ma amava particolarmente la biologia e scoprire la vita delle piante. Fin da piccola, imparò a curarsi con la moringa, le foglie di anacardo e la mazanica, determinata a costruirsi una vita nel verde, circondata da piante e animali. Anni dopo, è proprietaria di cinque ettari di terra, che danno da mangiare a tutta la sua famiglia e i cui prodotti sono sempre più richiesti dagli abitanti del suo villaggio. Conosce benissimo i segni del clima: sa che se a ottobre, novembre e dicembre non piove potrebbero esserci inondazioni in primavera, che quando fa molto freddo all'alba significa che ci sarà un’afa molto intensa, che quando il sole sorge timidamente, la giornata sarà calda, che quando una notte ha molte stelle l'alba sarà molto fredda.

Passa le sue giornate tra il lavoro nei campi, la cura degli animali, piatti di polenta bianca e fagioli, giochi con suoi figli e chiacchierate con i vicini allevatori. Le piace il calcio, leggere, ama quando tutti i semi che pianta germogliano e ammira Samora, eroe nazionale mozambicano. Non le piacciono le persone che non lavorano la terra e odia i conflitti. Non sa cosa succede in questo stesso momento nel resto del mondo, ma soprattutto non sa di essere, come Samora, una combattente e un’eroina anche lei, di una guerra invisibile.

Le sue armi: la zappa e la katana.

I suoi compagni: le piante, la famiglia, il desiderio di frequentare un giorno l’università per cultura personale, per conoscere il mondo e avere una visione per orientarsi nella vita.

Non le serve altro e sa che ai suoi figli non mancherà nulla.

Come recita una delle migliori storie del nonno: un uomo disse ai suoi bambini che aveva una banca e che la sua banca era la fattoria. Quando sarebbe morto i bambini sarebbero dovuti andare alla fattoria e scavare la terra per trovare il denaro. Alla morte del padre, i figli andarono a scavare ma trovarono soldi. Uno di loro suggerì quindi di lanciare alcuni semi. Giorno dopo giorno i semi germogliarono e produssero cibo, finché tutti capirono che i soldi a cui si riferiva il padre erano i frutti delle piante.

Tra otto anni, dopo aver seguito diversi corsi di formazione organizzati da un’ong italiana, la sua attività sarà più solida e ancora più redditizia: grazie alle tecniche imparate i suoi campi diventeranno più produttivi, le sue capre continueranno a fare capretti grazie al suo aiuto e potrà permettersi una nuova casa grazie alla vendita dei suoi prodotti nel mercato della vicina città e nel circuito del mercato equosolidale.

E lei lo sa.

Quando parla del futuro, il cielo diventa ancora più azzurro.

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